Amici di Facebook, Vicini di Farmville - Friends on Facebook, Neighbours on Farmville

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" Friends on Facebook, Neighbours on Farmville - Tales of everyday madness"!

Ascoltate l'Intervista a radio24  alla trasmissione "Voi siete qui" di Matteo Caccia.

Capitolo 1 - Come è cominciata

Un anno, sette settimane e cinque giorni.
È stata colpa mia. Lo ammetto. Eppure mai avrei immaginato che si potessero raggiungere tali livelli di dissennatezza, puerilità e dipendenza.
Mia madre è una Farmvilliana.
È iniziato in sordina. Labili sintomi, difficili da cogliere. Una tranquilla insegnante di scienze, all'apparenza equilibrata, invischiata un po' alla volta nella rete...
In effetti mia madre, Elisa, è tanto attratta da tutto ciò che riguarda le tecnologie, quanto ostile alle classiche occupazioni donnesche, quali il ricamo o il giardinaggio. Settimane prima del fatidico ultimo giorno di scuola, in vista del pensionamento, la mamma aveva già tutto predisposto per la sua futura “vita all'aria aperta”, come la definiva lei. Aveva circondato di zanzariere la spaziosa terrazza in modo da tenere lontano insetti inopportuni; vi aveva sistemato una comoda sdraio affiancata da un vassoio-leggio e aveva oliato le ruote del carrello porta-computer. Gli inviti degli amici a trascorrere qualche giorno in rustiche case di campagna o in baite in montagna, invece, erano stati sistematicamente respinti. Più di una volta la sorpresi a digitare, priva di pudore, improbabili scuse per evitare le scampagnate. Vista la sua salute di ferro (vent'anni senza vedere un medico!) io le domandavo preoccupata:
“Da quando hai una irritante rinite allergica?!”
Le sue risposte variavano da uno sguardo compassionevole misto a disapprovazione per la mia stolidezza, a sbuffanti esclamazioni:
“Non penserai mica che, alla mia età, io mi costringa per giorni fuori di casa, su un letto scomodo, lontana dalla civiltà senza il mio PC! Ebbene, alla mia età, io rifuggirò da maleodoranti stalle e chiassosi pollai!”
Bisognava riconoscerlo: la mamma, alla sua età, conservava un olfatto sopraffino. Pertanto io assentivo, non osando insistere.
Comunque, perché mantenesse i contatti con gli ex-colleghi e perché ritrovasse vecchi amici, la iniziai al mondo di facebook. E per evitare la noia, la spinsi alla sperimentazione di qualche applicazione, indicandole unsoftware dalle possibilità piuttosto limitate: una quindicina massimo di campi e semina da svariate ore con prodotti che non marciscono mai. Un simpatico trastullo da pochi minuti al giorno, nel caso non si fosse impegnati in altro. L'unico guizzo stimolante era il rapido colpo di mano nel rubare i frutti della terra agli incauti che lasciavano il raccolto incustodito. Guizzo che mia madre – e già questo avrebbe dovuto farmi riflettere – trasformò in arte, calcolando i tempi di maturazione nelle fattorie altrui e muovendo con abilità insospettata la grossa mano guantata preposta alla mietitura.
“Già prevedo una giornata di furti” mi salutava sorridente al mattino.
Anch'io e mio fratello, Ugo, giocavamo; inoltre, in maniera saltuaria e svogliata, un paio di conoscenti comuni. Con l'animo innato dell'insegnante, Elisa, perentoria, ci richiamava tutti:
“Volete raccogliere i frutti e produrre altra semina, per cortesia!”
E dopo qualche ora, mi ragguagliava per e-mail:
“Ah ah ah, non riesco a smettere di ridere. Hai visto che Gianni ha raccolto? Sì, perché io mi do da fare. Io scrivo perché raccolga e ripianti. E lui zac! Poco fa gli ho rubato i prodotti maturi ah ah ah”. Gianni, animo nobile, non diceva nulla, ricambiando il favore appena possibile, ignaro degli anatemi lanciati su di lui. A nessuno piace perdere, ma mia madre diventava... suscettibile se le si rallentava il “piano di marcia” privandola dei soldi virtuali della vendita delle verdure. Ugo spesso la stuzzicava:
“La mia connessione funziona benissimo e sto facendo man bassa...”,
godendosi le sue battute indispettite:
“Me ne sono accorta, disgraziato! Mi sono allevata una serpe in seno!! Anche Gianni si è servito... e io che l'ho convinto a giocare!”
Senza por tempo in mezzo, la mamma si procurò un cane da guardia, pronto ad azzannare la mano ladruncola.
Poi Gianni mi parlò di Farmville, inviandomi un regalo per avviare la mia “azienda agricola”.
Io feci altrettanto con mia madre.
Restia alle novità in cui c'è di mezzo l'inglese, lei, allevata alla vecchia scuola quando il francese la faceva da padrona in Europa, si ribellò, adducendo viepiù banalità. Ma più cocciuta di lei, io le intimai di abbandonare la sua pigrizia mentale, minacciandola di trasferirci a Londra. La prospettiva di abitare in quella splendida città non le dispiacque: già si vedeva passeggiare per Piccadilly Circus e frequentare i teatri con i moderni musicalin cartellone. Così di buona lena, vocabolario alla mano, si inoltrò nei segreti del gioco.
Dopo appena una settimana apparve il primo segnale inquietante: visitando il suo profilo, il riquadro sulla sinistra della pagina di facebook, quello che contava il numero di amici in comune, risultava alquanto “rimpolpato”.
“Com'è che conosci Valentina, Sara, Chiara, Mauro, Davide e gli altri, mamma?”
“Eh? Ah, quelli! Ho verificato nella tua bacheca chi gioca a Farmville e li ho contattati, perché diventassero miei neighbour. E infatti ho già guadagnato il ribbon giallo!” rispose eccitata.
Ingenuamente, rimasi compiaciuta dall'utilizzo dei termini stranieri. Li associai a un rinnovato interesse per la cultura anglosassone. L'approfondimento della lingua tramite i gradevoli passatempi on-line prometteva bene.
“Adesso però non so più a chi chiedere la neighbouraggine” aggiunse.
Mia madre ha uno spiccato senso dell'umorismo: le piace giocare con le parole, italianizzandole.Neighbouraggine, pertanto, denoterebbe “vicinanza”: il gioco prevede infatti che, anziché fregare ortaggi e vegetali, si visitino i campi dei vicini (che diventano tali, dopo aver accettato una formale richiesta) per aiutarli a scacciare volpi, talpe, corvi o a raccogliere erbacce infestanti. Il ribbon, ossia nastro, si riferisce a delle coccarde date in premio insieme a punti di esperienza (XP per i Farmvilliani) e a soldi (coins), per aver svolto una serie di compiti, il cui scopo è quello di far appassionare al gioco. E l'XP permette di salire di livello, quindi di acquistare piante e animali più produttivi e graziose decorazioni per la propria fattoria virtuale. I primi passaggi sono rapidi, dando soddisfazione al nuovo utente, che si sente così gratificato e invogliato a continuare.
Sconsideratamente (e questo fu il mio secondo sbaglio!) suggerii a maman di invitare Ugo. Il fatto però che lui fosse in ferie, diede l'avvio i giorni seguenti a un tormentone che mi provocò non poco imbarazzo.
“Chiedi ai tuoi colleghi di giocare, così poi me li passi” esclamò la mamma infervorata.
Le quarantotto ore successive, tramite mail spedite all'indirizzo personale e dell'ufficio e tramite sms, fui ripetutamente interrogata su come procedessero le richieste. Alla fine ricevetti una telefonata:
“Non dirglielo e basta: controlla che confermino e non muoverti dal loro fianco se non hanno eseguito!”
“Mamma! Qui, ogni tanto, lavoriamo anche!” ribattei esasperata.
“Appunto, quando fate pausa sprecate venti secondi a rispondere. Per stasera, secondo i miei calcoli e se tu collaborassi un pochino, dovrei aver guadagnato il nastro bianco. Ciao!”
Saggiamente avevo selezionato i colleghi più disponibili, che non si infastidirono da tanta insistenza, mostrandosi al contrario divertiti.
I guai tuttavia erano appena cominciati.

Chapter 1 - How it started

One year, seven weeks and five days.
It was my fault. I admit it. Still, I never would have imagined it possible to reach such levels of folly, childishness and dependency.
My mother is a Farmvillian.
It started in quite a muted fashion with only faint symptoms which were hard to pick up on. A placid and apparently well-balanced science teacher, tangled up a little bit at a time in the web.
In truth my mother, Elisa, is as attracted by anything to do with technology as she is hostile towards typically womanly pass-times such as embroidery or gardening. Weeks before that fateful last day of school, with her eye on retirement, my mum had already set up everything for her future “life in the fresh air”, as she called it. She had surrounded the spacious veranda with fly screens to keep away ill-advised insects; she had carefully placed a comfortable deck chair alongside which she had put her bookstand-tray and she had oiled the wheels of the computer trolley. Invitations from friends to spend time with them in rustic country houses or mountain chalets, on the other hand, had been systematically declined. I surprised her on more than one occasion in the act of typing shamelessly improbable excuses to avoid the outings. Given her bracing good health (20 years without seeing a doctor!) I worriedly asked her:
“How long have you had this irritating allergic rhinitis?!”
Her answers varied from a compassionate gaze, though mildly disapproving of my feeble-mindedness, to huffing exclamations:
“You can’t possibly expect me, at my age, to consign myself to an uncomfortable bed, away from home and far away from civilization without my PC! Well, at my age, I’m going to keep well away from rank stables and noisy chicken runs!”
I have to give it to her: at her age, mum still had a first rate sense of smell. So I would nod my assent, not daring to press the point any further.
I, however was the one who initiated her into the world of Facebook so that she could stay in touch with ex-colleagues and so that she could look up old friends. To help her ward off boredom, I pushed her to experiment with some applications, showing her one piece of software with limited use: no more than a dozen or so fields with a sowing season of varying hours, for products which will never rotted. It was a fun little pastime designed to take up a few spare minutes in a day. The only surge of excitement was the rapid hand movement needed to steal the fruits of the earth from those careless enough to leave their crops unguarded. It was a rapid darting movement that my mother – and this really ought to have made me think – turned into a form of art, calculating the time needed for crops to ripen in other people’s farms and moving her big gloved reaping hand in on them with unimaginable ability.
“I’m looking forward to a great day of theft” she would greet me smilingly in the morning.
My brother Ugo and I also used to play but in rather a sporadic and disinterested way with a couple of acquaintances in common. With her innate teacher’s spirit, Elisa would peremptorily admonish us:
“Would you kindly harvest your crops and sow your fields, thank you!”
And after a few hours she would update us by e-mail:
“Ha ha ha, I can’t stop laughing. Did you see what Gianni harvested? I don’t half get cracking. I write to make him harvest and re-sow. And he jumps straight to it! I just stole his ripe crops ha ha ha”.
Noble hearted Gianni never said anything about this but he would return my mother’s favour as soon as possible ignorant of the curses being rained down upon him. No one likes to lose but my mother would become touchy if her “plan of action” was in any way slowed down and her virtual income from vegetable sales jeopardised. Ugo used to tease her:
“My connection is working fine and I’m pinching all sorts…”
Enjoying her indignant replies:
“I’ve noticed, you scoundrel! I have a viper in my nest!! Even Gianni has been pilfering and to think that it was me who convinced him to play!”
Without further ado, mum procured herself a guard dog ready to chew off any thieving hands.
Then Gianni told me about Farmville and sent me a gift to start up my own farm.
I did the same for my mum.
Mum, having been brought up in the old school where knowledge of French made us masters of Europe, was suspicious of any novelty involving the English language and using every kind of trivial excuse, she mutinied. Even more obstinate than her, I warned her that she had better abandon such mental laziness and threatened her that we would all move to London. The idea of actually living in that splendid city wasn’t entirely distasteful to her: she could already see herself strolling about Piccadilly Circus and frequenting all those theatres billing modern musicals. So she ploughed, dictionary to hand, into the secrets of the game and after only one week there were the first alarming signs: visiting her profile, the left hand window of her Facebook page, the one with the current count of friends in common, appeared to be rather “re-populated”.
“How come you know Valentina, Sara, Chiara, Mauro, Davide and all those other people, Mum?” “Eh? Oh them! I looked up on your wall who was playing Farmville and I contacted them so that they could become my neighbours. In fact, I even won a yellow ribbon!” she replied, elated.
Ingenuously, I was touched by her use of foreign words. I thought it was indicative of a renewed interest in Anglo-Saxon cultures. Language improvement through fun on-line pastimes was a good sign.
“I don’t know who else to ask to give me neighbouraggine now though” she added, shamelessly italianising the English word.
My mother has a sharp sense of humour: she likes to play with words and make them sound Italian. So, Neighbouraggine, ought to denote “vicinanza”, the Italian word for nearness. In actual fact, the game foresees that, rather than filching other people’s greens, you visit the neighbours’ (who become neighbours only after accepting a formal invitation to play) fields to help them shoo off foxes, moles and crows or to weed their crops. The ribbon, (nastro in Italian), refers to the rosettes given as prizes along with experience points (XP’s for Farmvillians) and money (coins), for having completed a series of tasks whose final objective is to embroil you in the game. XP enables you to go up a level and to buy more productive plants and animals and pretty decorations for your virtual farm. The first passages from one level to another are quick and satisfying to the new player who is so gratified that he/she is encouraged to continue playing.
I stupidly (this was my second mistake!) suggested that mama invite Ugo to play. The fact that he was off work on holiday initiated a chain of events that was to cause me no little embarrassment over the following days.